sabato 12 novembre 2011

sabato 4 giugno 2011

Ci scusiamo per l'interruzzione.....i programmi riprenderanno appena possibile

Gli appunti postati finora sono quello che per me viene definita la pre-base.
L'infarinatura generale che bisognerebbe avere per poter parlare comodamente di colore. In seguito verrebbe la base e la professione...
Ma un grosso dubbio sul riconoscimento del copyright una volta pubblicato qualcosa nella rete, mi ha portato ad interrompermi. La legge non è chiara e io non sono ancora così informato, così per evitare ogni disguido, al momento sto continuando la mia ricerca/stesura all'antica, su carta.
Nel momento in cui avrò la garanzia della proprietà del copyright non esiterò a condividere la mia esperienza.
Grazie in ogni caso ai molti che continuano a seguirmi.

venerdì 8 aprile 2011

COLORE PSICOLOGICO

-ESTROVERSO-INTROVERSO-
La percezione del colore oltre che a donarci informazioni utili sul suo aspetto fisico, un giallo a differenza di un blu, ci informa anche sul suo aspetto psichico-emotivo. Colori come il rosso o l’arancione sono definiti diversamente viste le differenti qualità cromatiche, ma entrambi, se osservati nel loro aspetto emotivo, vengono percepiti come “caldi” così come un blu o un verde vengono percepiti “freddi”. Queste sensazioni non sono causate solo dall’aspetto fisico, ma bensì dall’aspetto emotivo che provocano in ognuno di noi, che vengono percepite a seconda della propria sensibilità. Una stanza dipinta di rosso influenza la nostra mente e ci fa percepire la temperatura dell’aria più calda a differenza di una stanza dipinta di blu che svolge la sensazione contraria. Noi conosciamo la suddivisione del cerchio per quanto riguarda la suddivisione tra colori CALDI e FREDDI, ma questa volta lo osserviamo per distinguere i primi due movimenti che definiscono la prima descrizione psicologica. L’estroversione e l’introversione.
Da questo presupposto seguono poi i vari tipi generali psicologici entrando in merito allo specifico colore.
Questa è la prima suddivisione utile che possiamo fare per avvicinarci a comprendere il colore con uno sguardo emotivo. Le sensazioni attivano in noi emozioni e le emozioni sono parte costituente della “persona”, ciò che ognuno di noi identifica con “se” o “io sono”. La nostra percezione personale di ciò che proviamo all’interno, dalla pelle verso le ossa si può definire come movimento introverso, centripeto. Il movimento opposto, dalla pelle verso gli altri è definito movimento estroverso, centrifugo. Queste percezioni sono insite in ognuno di noi in percentuali diverse e quasi mai di pari quantità. Se ci immaginiamo come un’elemento costituito da 100 parti, l’integrità è composta ad esempio da un 40% di estroversione e un 60% di introversione. Questa persona appare agli altri come soggetto introverso, timido. Una persona riflessiva, che vive il mondo in maniera interiore, che sente la spiritualità come elemento dominante della propria esistenza, è definita introversa. La persona estroversa al contrario, è più attiva, socievole, impulsiva, legata alle attitudini manuali, all’apprendere attraverso il fare. Il mondo esteriore è ciò che lo attrae. Nel caso di un’incendio la persona estroversa si lancia all’interno della casa senza pensare a cosa accadrà, ma segue istintivamente la richiesta d’aiuto, e solo dopo riflette su ciò che ha fatto. La persona introversa a differenza, prima di agire valuterà tutti gli elementi necessari, e solo dopo entrerà in azione. Molte delle scelte che facciamo consapevolmente o inconsapevolmente nell’uso dei colori è conseguenza della personalità che rappresentiamo, inizialmente estroversa o introversa.

-LA PERCEZIONE UNIVERSALE-
Ogni essere umano percepisce i colori nella stessa maniera, con la stessa intensità, e variazione cromatica, senza distinzione di origine, ceto sociale o cultura religiosa. Il colore ha la stessa intensità espressiva per ognuno di noi, lo stesso valore oggettivo. Il colore ha un significato universale e chiunque lo percepisca prova la medesima esperienza sensoriale oggettiva, ma vive un’emezione soggettiva differente a seconda della propria personalità.
La “simpatia” e l’”antipatia” verso i colori è dovuta dal rapporto emotivo descritto dal loro valore simbolico, ciò che non mi descrive non mi piace, così come ciò che mi descrive mi piace.
Ognuno di noi sa più o meno quali sono i suoi colori preferiti e sono facilmente rintracciabili nel guardaroba, nella scelta del colore della macchina o nell’arredamento. Individuare i propri colori aiuta a comprendere se stessi e di conseguenza gli altri, oltre che ha comprendere il linguaggio invisibile del colore. L’utilizzo di questa lingua nell’arte visiva è usato costantemente anche se non ce ne accorgiamo. Nel cinema come nel fumetto o la pittura usa i colori per rappresentare uno stato emotivo. Basti pensare al periodo blu di Picasso, momento depressivo causato dalla morte di un amico. In questo periodo tutto è blu sporcato di nero. Con la risoluzione del lutto, inizia la gioia di vivere con la manifestazione del periodo rosa. Max Lüscher, psicologo svizzero, è uno tra i primi che si è concentrano sullo studio dei colori nella psicologia per arrivare, dopo anni di studio su centinaia di soggetti, di tutte le razze ed età, a creare un vero e proprio sistema terapeutico basato esclusivamente sul linguaggio dei colori. I suoi studi partono dalle osservazioni fatte precedentemente da C. G. Jung. Casualmente o forse no, la presa di coscienza da parte dell’uomo di questo linguaggio del colore coincide sia nella psicologica che nell’arte. La nascita del movimento degli impressionisti, successivamente ampliata dagli esperimenti di Kandinskiy, Klee, Itten e altri ancora, durante il periodo della Bauhaus.

-IL CERCHIO PSICOLOGICO-
Per descrivere la corrispondenza con i tipi psicologici di ogni colore possiamo utilizzare il cerchio cromatico che conosciamo bene, e possiamo iniziare pensando che ci sono tre colori primari che creano i restanti colori-tipi psicologici. In questo caso i nostri colori primari sono:
Il ROSSO ha come icona Dioniso dio greco della forza vitale. Rappresenta il cuore, costantemente in movimento senza mai allontanarsi dalla sua sede. E’ il colore più caldo, attrae l’attenzione, stimola l’emissione di adrenalina. Autoritario, prevale su tutti. Il rosso è associato all’amore, al coraggio, e alla rabbia, tutte emozioni legate al cuore. Usato nel passato da persone di alto grado, proprio per la sua capacità di conferire potere e splendore.
Il BLU ha come icona lo spirito, nella cultura cattolica è rappresentato dal velo della Madonna, come espressione di spiritualità, di movimento interiore verso un’introspezione senza fine. E’ il colore immateriale, la profondità dei sentimenti.
Il GIALLO ha come icona il dio Helios, dio del sole colui che vedeva tutto dall’alto. Rappresenta la conoscenza, il sapere luminoso. Simbolo naturale di chiarezza. Le variazioni d’intensità ne modificano profondamente la valenza psicologica. Quando si sporca con il nero suscita sensazioni sgradevoli, invidia, gelosia. Con l’aggiunta di bianco diventa rasserenante. Il giallo è per eccellenza un colore ambivalente.
Da questi colori primari possiamo derivare il significato dei colori secondari che si creano, come sappiamo, unendo due primari alla volta.


Il VERDE nasce dall’unione dalla sapienza di Helios e dall’introspezione del blu.
Kandinskiy lo definisce “…la passività è la caratteristica sorprendente del verde assoluto.” Per passività s’intende staticità, il movimento verso l’esterno del giallo è contrastato dal movimento contrario del blu verso l’interno. A differenza del rosso, suo complementare, il verde ha un movimento statico, concentrico. E’ il colore dell’equilibrio delle emozioni, richiama la natura e la vitalità vegetativa.
Il VIOLA nasce dall’unione della potenza di Dioniso e dalla spiritualità del blu.
E’ il colore della trasformazione, la forza del rosso incontra l’intimo raccoglimento del blu creando la forza spirituale. L’unione del colore maschile e quello femminile.
I’ARANCIONE nasce dall’unione della conoscenza di Helios e dalla forza di Dioniso.
E’ il colore della creatività, la conoscenza in azione. L’euforia, l’impulsività del rosso trova il controllo razionale del giallo.
Questi sono i colori “campioni” del nostro cerchio e racchiudono in linea di massima le personalità principali. Più il colore che cerchiamo si sposta su uno di questi colori e più coincide la descrizione, anche qui possiamo immaginare una sorta di scala “cromatica” che distingue due soggetti simili per due soggetti differenti. Per ampliare la nostra visuale dal cerchio cromatico dobbiamo passare alla sfera cromatica, siamo in molti ed ognuno d noi è diverso.
I colori bianco e nero ci aiutano a creare la sfera, le diversità, così come per i toni del colore.
Un colore acquista un valore positivo o negativo a seconda se unito al bianco o al nero. Rappresentiamoci tranquillamente il bianco e il nero come il bene e il male. Nella cultura cattolica il male è associato alla negatività, mentre noi lo dobbiamo osservare con una visuale più amplia, la forza negativa del nero è la forza contraria al bianco, al bene. Se il bianco è creazione il nero è distruzione, come nella creatività, nulla si crea e nulla si distrugge, ma si trasforma. Trovo la descrizione usata per lo Yin e lo Yang della cultura cinese più adatta per descrivere le loro funzioni.
Bianco-Yang: è la positività, l’aspetto maschile, il giorno. E’ luminosità assoluta, purezza.
Nero-Yin: è il principio negativo, l’aspetto femminile, la notte. Lo spazio infinito, la morte del colore. La negazione, intesa anche come assenza di vita. Il vuoto.
Tutti i colori con l’aggiunta del bianco diventano positivi e attivi, mentre con l’aggiunta del nero subiscono il movimento contrario, diventano passivi e negativi. Tranne i rossi nella rappresentazione di alcuni marroni.
Rappresentare l’intensità di un’emozione è direttamente proporzionata con l’intensità della saturazione.
“…non è sempre necessario che il vero prenda corpo; è già sufficiente che aleggi nei dintorni come spirito e provochi una sorta d’accordo come quando il suono delle campane si distende nell’atmosfera apportatore di pace,”
J.W. Goethe
L’argomento è estremamente vasto e complesso ed in questa sede non verranno approfonditi ulteriormente certi concetti rimandando gli approfondimenti specifici direttamente alle fonti a cui mi sono ispirato.
Max Lüscher- La persona a quattro colori-
Carl G. Jung- Tipi psicologici-
In questa maniera abbiamo a disposizione tutti gli elementi per poter usare il colore a 360°.
Saper osservare la propria persona, non solo nell’aspetto fisico, ma anche in quello mentale-emotivo, porta a ritrovare con facilità l’assonanza con ogni colore. Quando siamo tristi non indossiamo vestiti colorati, la nostra scelta cadrà verso tonalità più grigie, al contrario quando siamo euforici tendiamo a scegliere abiti estremamente colorati. Quando vogliamo che la nostra persona non passi inosservata vestiremo tonalità di rosso, tutto ciò a prescindere della nostra conoscenza sul colore. Tutto ciò ci aiuta istintivamente a fare delle scelte cromatiche, in funzione delle emozioni. Il colore è un linguaggio come il disegno o la scrittura che esiste a prescindere che voi ne conosciate le regole, come una lingua straniera, ne potete riconoscere il suono, ma non comprenderne il significato. Possiamo sviluppare questa lingua con un’attenzione introspettiva per non fermarci alla superficialità dell’osservazione.
L’uso del colore psicologico trova utilità
nell’ATTORE-nel TEATRO-nell’AZIONE.
Il colore usato come sostituto del sentimento, la capacità di ascoltare il silenzio interiore, della propria esistenza in balia delle emozioni, delle proprie pulsioni.
La funzione delle emozioni:
A- informare il soggetto delle emozioni degli altri
B- riconoscerle in se stesso
C- preparare l’azione adeguata

A: Una macchina arriva a tutta velocità verso di noi sbandando. Un pazzo? Una persona al volante che ha perso il
controllo?
B: 1-Paura, stato di immobilità, chiusura. Colori freddi. Atteggiamento introverso.
2-Rabbia, stato d’azione, fuga. Colori caldi. Atteggiamento estroverso.
C: 1-Chiudo gli occhi sperando al meglio.
2-Fuggo nella direzione contraria.

La motivazione crea l’emozione che muove all’azione che può essere attiva o passiva.
L’azione è una conseguenza della motivazione, è il personaggio che interagisce con l’ambiente cambiandolo con il proprio agire.

Il colore dell’oggetto può trasformarsi nel colore dell’emozione suscitando uno stato emotivo adeguato all’azione.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

-Esercizio 1ª parte-
Ponetevi davanti ad un foglio bianco senza circondarvi di nessun riferimento fotografico e cercate di definire 3 colori campioni rappresentativi per ogni stagione. Inverno, primavera, estate e autunno. Cercate nella memoria e ricordate la sensazione di caldo e di freddo che vi provocano i cambiamenti di stagione. I colori possono variare da saturi a neutri, colori chiari o scuri.
-Esercizio 2ª parte-
Non continuare a leggere se non hai realizzato la prima parte, l’influenza di ciò che sto per scrivere ti toglierebbe la possibilità di scoprire le tue emozioni.
Disegna un’immagine con della natura e crea quattro variazioni rappresentative delle quattro stagioni. Inverno, primavera, estate e autunno. Ora utilizza i colori che avete trovato prima e applicali come preferite sull’immagine se avete bisogno di più tonalità, create delle scale cromatiche tra i colori campione.
Scoprirai la funzione del colore simbolico.

venerdì 1 aprile 2011

mercoledì 30 marzo 2011

Dalla teoria alla pratica

Grazie a Luca che ci permette di vedere il passaggio dalla teoria alla pratica.
Dalla foto al bozzetto iniziale per trovare contrasti e colori dominanti per poi renderli propri, personali.

sabato 26 marzo 2011

DRAMMATIZZAZIONE

-LA MEMORIA-
Da quando apriamo gli occhi la mattina fino a quando non li richiudiamo, osserviamo la realtà. Forme, colori e azioni sono costantemente sotto i nostri occhi. Inconsciamente e consciamente memorizziamo parte di tutto ciò. La nostra memoria crea degli stereotipi per associare forme e colori simili. Se ci venisse chiesto di che colore è un prato ci verrebbe spontaneo rispondere VERDE, o il colore del mare, BLU. Associazioni spontanee che sono legate a ognuno di noi per luogo d’origine e bagaglio visivo. La nostra memoria è in continuo aggiornamento ogni volta che visitiamo un posto nuovo. Questa memoria sembra non ricordare però le variazioni di quel prato o del mare se non pensando ad un’azione o a un’emozione, il prato al tramonto o il mare in tempesta. In questo caso a seconda del grado di attenzione e memoria che ha ognuno di noi, si può arrivare ad associare più variazioni. Naturalmente risulta più difficile visualizzare qualcosa che non abbiamo mai osservato. La memoria come bagaglio visivo è un’ottimo aiuto, per creare atmosfere e situazioni cromatiche, ma per chi disegna o colora l’archivio fotografico è fondamentale. Soprattutto per chi è all’inizio in modo tale da avere la possibilità di osservare i colori di quei luoghi che non capita di visitare tutti i giorni, per avere un punto da cui partire. Oggigiorno internet permette di visualizzare centinaia di immagini in poco tempo, ma è consigliato incrementare questo archivio virtuale, con un archivio personale. Con una macchina fotografica digitale o tramite sketch dal vero. Questo lavoro ci permette di raccogliere, e poi identificare, quelle gamme cromatiche che sono più legate alla nostra personalità. Sono più rappresentative per noi. Ognuno predilige di più delle tonalità rispetto a delle altre e di conseguenza ne veniamo attratti ogniqualvolta le ritroviamo nella realtà. C’è chi preferisce il mare perché attratto dal blu e chi la montagna per il verde, anche se sicuramente non sarà questa preferenza a farci scegliere il luogo delle vacanze. Raccogliere immagini è utile per arrivare a capire quale parte del cerchio, e di conseguenza della sfera, conosciamo meglio e quale meno. Per arrivare a colorare in libertà non dobbiamo rinunciare a nessun colore per non escludere il rapporto duale tra i colori. Da oggi quando osserveremo qualcosa faremo distinzione tra il colore osservato, la variazione creata dalla luce e lo stato emotivo.

-L’OSSERVAZIONE-
Quando osserviamo una forma, e l’indichiamo come rossa o blu, in realtà, quello che identifichiamo con quel colore, non corrisponde con ciò che osserviamo realmente. Quello che vediamo sono le sue variazioni tra luce e ombra.
Per analizzare quello che definiamo il colore dell’oggetto, dobbiamo immaginarlo al di fuori di tutte le fonti luminose, tranne quella bianca. Negli altri casi la luce oltre a creare variazioni tonali di chiaro scuro, crea anche una variazione cromatica. Un esempio classico è il pantalone o la camicia nera osservata in negozio, ed una volta alla luce del sole appare blu scuro. E’ facile sbagliarsi sull’origine di un colore se non si riflette prima sul tipo di luce che lo illumina. Siamo costantemente circondati da luci colorate, da alterazioni cromatiche che influenzano le nostre scelte. I tubi fluorescenti nelle lunghezze d'onda dei rossi per restituire il colore della carne bello e vivo. Le luci calde delle birrerie per rendere il locale caldo e accogliente. Luci fredde per illuminare gli oggetti di design. Se osserviamo un’oggetto collocato in una zona illuminata dal sole nell’arco di una giornata, possiamo osservare come la percezione cromatica di quest’oggetto è in continuo cambiamento con l’avanzare dell’ora. Monet aveva osservato questo fenomeno soffermandosi a studiare le variazioni della luce sulla cattedrale di Rouen.
Come sappiamo la luce solare ci appare bianca solo quando è in prossimità dello zenith, altrimenti a causa della sua inclinazione rispetto alla terra si scalda e si raffredda allontanandosi dallo stesso.
Un espediente per risalire al colore dell’oggetto durante l’osservazione è quello di focalizzare lo sguardo sui valori estremi che troviamo nella zona di luce e d’ombra. Chiudiamo gli occhi, immaginiamo e visualizziamo il colore centrale tra i due e poi riaprendoli apparirà più chiaro il colore osservato.
Identificare il colore dell’oggetto è fondamentale per passare dalla teoria alla pratica. Se conosco il punto di partenza e il tipo di luce che lo sta illuminando risulterà più facile ricreare tecnicamente le tonalità osservate. In altro caso sarò vincolato alla ripresa fotografica percependo solo una quantità enorme di frammenti di colori.
-PROMEMORIA-
-Dall’osservazione otteniamo un campionario di tonalità cromatiche. Per comprenderle dobbiamo organizzarle per risalire all’estensione della scala acromatica.
-Dalla variazioni di chiaro scuro all’interno dell’immagine ottengo informazioni riguardo alla qualità della luce, inclinazione rispetto al piano e distanza dall’osservatore. Estensione della scala acromatica.
-Dalla quantità tra superfici in luce e superfici in ombra posso stabilire il peso dell’immagine. Quanta luce? Quanta ombra?
Questi punti ci servono come kit di sopravvivenza per trasformare quello che osserviamo o immaginiamo in quello che coloriamo.

-LA DRAMMATIZZAZIONE-
La drammatizzazione è l’espressione migliore per rappresentare una sensazione, vissuta o da far rivivere in chi osserva. Nel colore la drammatizzazione si può ottenere in tre modi principali.
-Il primo è quello di alterare il colore percepito, sostituendolo con colori espressivi. Mantenendo il valore tonale tra le parti. Se voglio colorare un sole blu, questo colore sarà il più luminoso nell’immagine.
-Il secondo è quello di intervenire con una luce dominante colorata adatta all’espressione che ho in mente di rappresentare. Un’immagine carica di una luce calda tendente al rosso, rappresenterà in maniera evidente un tramonto anche senza far vedere il sole che viene inghiottito dalle montagne.
-Il terzo è l’uso strategico del contrasto chiaro/scuro mantenendo il colore originale della forma. I film in B&N ci aiutano a comprendere le variazioni funzionali dell’ombra cambiando intensità e inclinazione.
La forma in ogni modo svolge sempre da corpo sostenitore per qualsiasi alterazione del colore, tranne nel caso della rappresentazione astratta dove la forma non è necessaria. In tutti gli altri casi è necessario studiare quello che è l’ordine naturale delle cose.

-LA PENOMBRA-
Nel caso dell’uso di luci colorate per aumentare la drammaticità di una scena, possiamo usare lo spazio della penombra per proiettare delle luci colorate, anche se non hanno una spiegazione logica, se non quella espressiva di suscitare uno stato emotivo.
Come abbiamo osservato, la penombra si colloca tra ombra propria e ombra riportata e solitamente ha il colore dell’oggetto ingrigito. Nel caso della drammatizzazione questa zona è usata per esprime il colore necessario per l'atmosfera. Nel cinema o nella fotografia si tende a valorizzarla proiettandoci luci secondarie colorate, spesso semplicemente calde o fredde per scaldare o raffreddare la scena. Basta osservare qualsiasi film per notare questo fenomeno.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA

-Esercizio Base-
Prendete una foto di un paesaggio, attaccatela il più lontano possibile dal vostro posto di lavoro, almeno 2,3 metri. Da questa distanza non vi sarà possibile soffermarvi sui dettagli e sarete costretti a osservare l’immagine nel suo insieme. Per i miopi basterà togliersi gli occhiali e osservare l’immagine, a questo punto sfuocata, e osservate quali sono i colori dominanti dell’immagine. Questi saranno i vostri colori di partenza, usateli per la vostra tavolozza. Non disegnate l’immagine che osservate, ma provate a “disegnare” direttamente con delle pennellate grossolane per riprodurre lo spazio occupato dalla forma, senza preoccuparvi dei dettagli. Ora intervenite con pennellate sempre più piccole per definire un po’ meglio la forma, rimanendo comunque con l’idea di realizzare un bozzetto, un promemoria su ciò che avete osservato. In un secondo momento invece, ridisegnate l’immagine fotografica e coloratela usando gli stessi contrasti di chiaro scuro che avete ottenuto dal vostro bozzetto, usando però dei colori nuovi per le forme, a vostro piacimento. Nella seconda fase dell’esercizio non sarà necessario osservare il riferimento fotografico, il vostro riferimento sarà il vostro bozzetto.

-Esercizio Avanzato-
Partite da un riferimento fotografico e alterate i colori mantenendo il contrasto chiaro scuro. Anche qui senza disegnare prima l’immagine, ma lavorando direttamente con i colori.

Chi è interessato a sperimentare le teorie affrontate e vuole inviare del materiale per un'analisi è ben accolto. Suggerimenti per una migliore stesura o chiarimenti su punti non compresi sono ben accetti. Ricordo che se lavorate in tradizionale, dovete scanerrizzare e controllare che la scansione sia simile all'originale e che il file non pesi possibilmente più di 2 MB.
inviate a: grifoweb@tin.it

venerdì 18 marzo 2011

SEGNO-FORMA-COLORE

-3 ELEMENTI-
Gli elementi narrativi visivi che osserviamo contemporaneamente o in parte in qualsiasi immagine sono il SEGNO, mezzo e conseguenza della forma, la FORMA stessa bidimensionale o tridimensionale che sia e il COLORE anch’esso conseguenza della forma. La predominanza visiva di uno o dell’altro elemento è una conseguenza diretta di chi opera, della tecnica, e dello stile narrativo.

-IL SEGNO-
Il segno in primo luogo indica una direzione
Il suo valore può variare solo con la ripetizione dello stesso
O nel momento in cui è usato per delimitare
In questi casi il segno diventa:
A –superficie piena (sovrapposizione di segni)
B –superficie vuota (delimitazione perimetrale)
Il segno divenuto superficie indica la sua posizione rispetto all’osservatore.
La gestione del SEGNO e delle SUPERFICI determinano lo sviluppo delle FORME.
Il segno è la matrice di qualunque forma la quale porta in se, nelle sue diverse manifestazioni il medesimo senso. La forma è il rivestimento del segno nelle sue infinite possibilità di variare.

-IL COLORE-
Il colore a differenza del segno in primo luogo indica una superficie
Il suo valore non varia con la ripetizione, ma cambia solo forma.
Con la variazione del tono o del colore ha la possibilità di indicare delle direzioni.
E’ essenziale riconoscere il valore del segno e del colore per farli interagire nella descrizione delle forme. Non è possibile descrivere tutto con il segno così come non è possibile definire tutto con il colore. Per definizione disegnare e colorare sono considerati come momenti diversi di un processo lavorativo, ma pochi riconoscono lo stretto legame diviso esclusivamente dagli strumenti usati. Ricordiamoci che segno e colore interagiscono come una coppia complementare in funzione della forma, baricentro tra i due opposti. Per disegnare, siamo abituati a usare strumenti lineari come la matita, la penna, il penarello etc…tutti strumenti lineari, che permettono di tracciare linee e non superfici. Ci abituiamo a concepire tutto tramite linee. A differenza del pennello, che in primo luogo, viene usato per stendere delle campiture, delle superfici, spaesando chi lo usa non ritrovando un segno netto e regolare. Il processo è inverso, con la linea arrivo alla superficie, mentre con il colore arrivo alla linea. Bisogna abituarsi a leggere la linea di perimetro delle pennellate per ritrovare i confini delle superfici create solitamente dalla linea nera. Ricordandoci di identificare il colore come superficie e il segno come direzione.
Solo in un secondo tempo e con l’esperienza si arriva ad usare il pennello anche per tracciare delle linnee. Con l’avvento di Photoshop e della penna ottica questa differenza percettiva si sta perdendo. Si usa uno strumento rigido per eseguire pennellate morbide. La sensibilità della mano percepisce solo in parte la pressione e le inclinazioni che può svolgere sul pennello. Rimanendo subordinato alle funzioni dello strumento che definisce molti parametri preimpostati. La similitudine di molti artisti che lavorano esclusivamente in digitale è derivato in parte da questo, non esiste più un rapporto tra strumento e artista, ma è tutto preconfezionato con poca possibilità di creare la diversità. Chiunque voglia comprendere a pieno il colore non può non tornare a sperimentare le tecniche tradizionali.
Lo strumento del colore scorre sulle superfici seguendo le linee di perimetro e indica delle direzioni variando di tono o saturazione.
E’ per questo che il colore può essere il terzo elemento di una triade SEGNO-FORMA-COLORE o il primo, COLORE-FORMA-SEGNO. La variante è creata dall’artista che fa prevalere nel fumetto come nell’illustrazione o la pittura, il segno rispetto al colore e viceversa.
Il colore come il segno è indispensabile per identificare e differenziare le variabili visive.

-CENNI STORICI-

In origine il fumetto era in B&N anche se i primi colori s’intravedono con il camicione di Yellow kid, il fumetto in generale era stampato in B&N. Solo intorno agli anni ’20 si iniziò a stampare regolarmente fumetti a colori. In questo periodo il colore era un elemento decorativo, che non aggiungeva o toglieva particolare significato narrativo al fumetto.
Un’altra decisiva svolta avvenne intorno agli anni ’70, grazie alla possibilità espressiva ricercata da autori come Moebius, Bilal, Druillet, Corben etc… il colore ha avuto uno sviluppo sostanziale, da decorativo passò ad essere espressivo creando atmosfere ed effetti speciali finora insoliti.
Il colore non è più una semplice stesura piatta con funzione di far apparire il prodotto “colorato”, ma interagisce con la narrazione portando nuovi valori comunicativi. Si inizia ad introdurre l’atmosfera, il variare della luce, non più semplicemente giorno notte, creato dal bianco e nero, ma situazioni precise dettate dalla luce colorata oltre che dal colore per evidenziare lo stato emotivo del personaggio o della sequenza. Introducendo nuove forme espressive sostituendo il nero della china con la leggerezza della sfumatura. Con l’evoluzione delle tecniche di stampa, e la nascita del programma Photoshop, alla fine degli anni ’80, colorare assume una nuova veste. Inizialmente sostituisce il vecchio sistema per la colorazione a tinte piatte eseguite fino ad allora sul retro della tavola o su una copia in cyan o grigio. In seguito per essere usato come una nuova e propria tecnica di colorazione. Oggigiorno troviamo una concentrazione di fumetti colorati a Photoshop o Painter, con una grande libertà espressiva riguardo all’uso del segno nero di china che arrivare ad essere sostituito dalla matita, per valorizzare la morbidezza del segno. Cercando di simulare tutte le tecniche pittoriche e illustrative tradizionali. Oggi le due scuole di pensiero che possiamo trovare sono due, quella della colorazione digitale, a tinte piatte come si usava una volta o pittorica illustrativa, e la colorazione definita couleur direct, colorazione diretta sull’originale con tecniche tradizionali.
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venerdì 11 marzo 2011

MOVIMENTO

-3 COORDINATE-
Ie prime coordinate orientative nell’ approccio con lo spazio di lavoro, lo spazio vuoto, sono l’asse verticale alto/basso e l’asse orizzontale sinistra/destra. Queste prime coordinate sono visibili nel foglio stesso, i lati. Oltre ad essere una circostanza tangibile, è anche un rapporto inconscio che abbiamo tra noi stessi e la terra su cui viviamo. La persona retta, quindi verticale si relaziona verso le persone o le cose con movimento orizzontale, sul piano, la terra. Oltre al disegno, il colore usa questi parametri come abbiamo visto per orientarsi. L’interazione tra questi due momenti crea la relazione/tonalità espressa con la diagonale. Così dicendo affermiamo che avvicinare o allontanare un colore verso la sua verticale od orizzontale vuol dire portare o muovere in direzione della sua origine.
L’origine è sempre, anche nell’atto pratico, il cerchio cromatico con i suoi colori saturi, i pigmenti.
Il movimento è la relazione dell’origine con il bianco, il nero o il grigio, la scala acromatica.
La libera interpretazione di visualizzare il mondo come la sfera cromatica e noi come stranieri passeggiare liberamente dalle cime più alte alle profondità più remote, può essere d’aiuto per comprendere il significato di movimento. Il movimento è un’illusione, percepibile, che si crea tra lo sguardo e il foglio con una dovuta attenzione da parte di chi crea o osserva. Per illuderci del movimento , come diceva Paul Klee per definire il suo approccio al lavoro, farsi una passeggiata tra i colori, abbiamo bisogno di riferimenti cardine per quantificare gli spostamenti. Ecco che ci avviciniamo al piano orizzontale con l’avvicinarsi alla saturazione. Una volta raggiunto l’asse orizzontale, il movimento è coordinato dai tre colori primari CMG. Piuttosto che mi sposto verso l’alto o verso il basso avvicinandomi al bianco o al nero.
Il movimento è sempre illusorio, coloro che non si muovono in questo senso ricreano solo il movimento sinistra-destra e alto-basso scorrendo sulla superficie esterna della sfera, come un criceto che corre all’interno della ruota illudendosi di spostarsi, ma in realtà è sempre fermo nello stesso punto.
Il viaggio porta sempre verso l’interno, e solo una volta raggiunto il “centro grigio” si arriva ad una visione d’insieme. Considerando che la tridimensionalità è sempre un’illusione in quanto qualsiasi forma visiva, al di fuori della realtà e della scultura, è sempre su supporti bidimensionali. Il movimento avanti-dietro o dentro –fuori come dir si voglia, è un’illusione ottica e una sensazione dei sensi percepita da parte di chi osserva. Kandinsky suddivide per coppie d’opposti, i colori principali e il bianco e nero, per movimenti centrifughi e centripeti, così come Klee definisce “in primo luogo movimento e contromovimento, così o così”. Osserviamo questi colori e noteremo come alcuni di loro vengono percepiti più avanti rispetto ad altri.
Questa sensazione viene confermata osservando l’immagine nel suo insieme, in relazione alla forma.
-Il crocevia-
A questo punto il movimento può essere sempre ricreato partendo dal presupposto di mettere sempre in gioco un minimo di due estremi, con riferimento ai tre contrasti. Questi tre movimenti descrivono anche le tre caratteristiche di un colore come i dati anagrafici di una persona. SATURAZIONE-LUMINOSITA’-TONALITA’.
Ne deriva che un colore ha la possibilità di muoversi tra 5 o 6 direzioni, a seconda se partiamo da un colore sulla sfera o all’interno della stessa. Useremo l’esempio delle 5 direzioni per comprendere e avvicinarci più facilmente all’atto pratico che in partenza usa pigmenti più o meno saturi.
Il movimento verso il nero all’atto pratico, come abbiamo visto, si può realizzare in due modi, con l’uso diretto del nero vero e proprio (sconsigliato), e l’uso del complementare che porta al bistro (consigliato). I toni ottenuti sono simili ma non uguali ed è abbastanza evidente la naturalezza ottenuta con il movimento verso il bistro a differenza della freddezza di quelli ottenuti dal movimento verso il nero. In ogni caso ognuno è libero e sceglierà ciò che più lo rappresenta.
Consideriamo l’integrità della sfera come rappresentante assoluto per tutto ciò che riguarda il colore, ma pur sapendo che esiste il polo nord e il polo sud, il nostro campo visivo racchiude solo una parte del tutto, così come quando coloriamo siamo a conoscenza di tutto ma ne manifestiamo solo una parte. Come abbiamo visto un colore è sempre legato ad un minimo di un contrasto fino a tre.
COMPLEMENTARIETA’_CALDO-FREDDO_CHIARO-SCURO
SATURAZIONE_ TONO _B&N

A seconda degli elementi che mettiamo in gioco all’interno dello spazio di lavoro, rappresentiamo una parte della sfera.
CHIARO-SCURO
CONTRASTO COMPLEMENTARIETA’
CONTRASTO CALDO-FREDDO
L’inizio è legato alla scelta di un colore, il contromovimento è causato dalla scelta di un altro colore per ribilanciare l’immagine. Così come il sollevare un piede sposta il baricentro su di una gamba e per riportare equilibrio nel corpo sposterò il peso sull’altra gamba. Si scopre così che gli estremi scelti, sia che siano per contrasto caldo-freddo, complementare o chiaro-scuro, hanno bisogno di un baricentro, un colore di mezzo che li unisca, o meglio gli permetta di “spostarsi” da un punto all’altro nello spazio per iniziare a camminare. Non è conveniente cercare delle tonalià simili ad uno dei due estremi, in quanto non faranno altro che rafforzare una delle due parti, ma bensì cercare quel colore che si trova topoligicamente a metà tra i due colori prescelti.
E’ grazie a questo colore di mezzo che abbiamo la possibilità di avere un continuo visivo che crea un movimento ininterrotto da una parte all’altra e viceversa.
Questo terzo “colore” diventa il ponte d’accesso per tutte le tonalità e chiari scuri che si verranno a creare durante il lavoro. Come un ponte che permette di passare da una riva all’altra, qualcosa che unisce senza annullare nessuna delle estremità. Nel momento in cui non interviene l’artista, è l’occhio stesso che una volta messo in movimento dai colori, cerca un punto dove tranquillizzarsi. Nel momento in cui non lo trova, lo ricrea esattamente dove i due colori confinano. E’ quella vibrazione che si percepisce che unisce e separa allo stesso tempo.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
-Esercizio Base-
Eseguite una scomposizione semplice di una costruzione esterna, palazzo, castello o quel che più vi piace.
Scegliete un colore base saturo, derivate il colore per il contromovimento. Dopodichè spostatevi con il colore base sull’asse orizzontale per avere più colori possibili necessari in base al numero dei piani e usateli per i lati in luce. Fate lo stesso con il lato in ombra. A seconda dell’immagine avrete più o meno bisogno di aggiungere bianco o nero, anche qui aggiungeteli a seconda se vi state spostando in alto o in basso. Più lati avete a disposizione e più tonalità andrete a creare.
-Esercizio Avanzato-
Partite con lo stesso esercizio, aggiungendo come grado di difficoltà un passaggio più continuo tra un tono e l’altro fino ad arrivare alla sfumatura, usando come immagine una figura umana animale o extraterrestre, l’importante è che abbia superfici tonde.